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Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all’estero: e non ci scriviamo spesso.

Quando ci incontriamo, possiamo essere, l’uno con l’altro, indifferenti o distratti.

Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia.

Una di quelle frasi o parole, ci farebbe riconoscere l’uno con l’altro, noi fratelli, nel buio d’una grotta, fra milioni di persone.

Quelle frasi sono il nostro latino, il vocabolario dei nostri giorni andati, sono come geroglifici degli egiziani o degli assiro-babilonesi, la testimonianza d’un nucleo vitale che ha cessato di esistere, ma che sopravvive nei suoi testi, salvati dalla furia delle acque, dalla corrosione del tempo.

Quelle frasi sono il fondamento della nostra unità familiare, che sussisterà finché saremo al mondo, ricreandosi e risuscitando nei punti più diversi della terra, quando uno di noi dirà – Egregio signor Lipmann, – e subito risuonerà al nostro orecchio la voce impaziente di mio padre: – Finitela con questa storia! L’ho sentita già tante di quelle volte! –

 

Da Lessico Famigliare, Natalie Ginzburg

 

L’analisi e la rappresentazione iconologica della memoria familiare, metabolizzate dalla ricerca/riscoperta di oggetti e ricordi del passato e dalla loro riproduzione fotografica, sono il filo rosso che lega il progetto in progress che stiamo portando avanti.

Definiamo questo progetto a quattro mani in progress perché lo riteniamo e lo percepiamo come in continua evoluzione.

Lavorandoci sopra ci siamo più volte fermate, per riprenderlo e rivederlo in alcuni punti, per rivalutarne forma e contenuti.

La premessa di questo progetto è quella di analizzare la maniera in cui l’utilizzo del sentimento permette di mostrare il soggetto in funzione al legame emotivo vincolato a quello stesso sentimento.

L’intervento espressivo della propria sensibilità all’interno della composizione è, al pari dell’immaginazione e della consapevolezza dell’artista, strumento determinante dell’essenza dell’opera d’arte.

Questo fattore vincola imprescindibilmente ogni forma di osservazione, proiettando il nostro approccio con l’immagine ad una dimensione di totale empatia tra ciò che è la realtà oggettiva e la maniera in cui il sentimento che la avvolge ne determina l’espressione ed il significato.

Dal punto di vista formale, questo è uno studio sul potere espressivo di forma, chiaroscuro, dinamicità e sentimento rispetto all’interpretazione dell’immagine.

 

Scegliere di ritrarre un soggetto senza ricercare la staticità tipica del ritratto fotografico tradizionale, può avere due possibili effetti sullo spettatore: un "effetto fisico", determinato dalla registrazione da parte della retina di luci e ombre e di una forma piuttosto che di un altra, e un "effetto psichico", dovuto alla vibrazione attraverso cui tratti e chiaroscuro raggiungono le nostre facoltà percettive.

Elemento fondamentale di questo lavoro è l’opposta ma armonica convivenza fra casualità e volontà, fra ciò che diventa immagine per coincidenze e ciò che è voluto.

Si tratta di scatti esteticamente e stilisticamente diversi, appartenenti a background di ricordi diversi, che non possono e non vogliono seguire le medesime linee guida tecniche e formali.

Ogni immagine è parte del tutto, ma al contempo reclama la sua individualità, la sua unicità.

La serie segue una strada precisa, rispetta un concept e tenta di narrare una storia, ma è impossibile chiedere una continuità che sia in grado di caratterizzare tutti gli scatti dal punto di vista formale.

Le immagini che compongono la serie affermano la volontà di comunicare sentimenti svincolati dalla statica concretezza prodotta da una visione oggettiva della realtà, ma piuttosto dalla sua intima e personale volontà di espressione.        

Estesica e Poetica.

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